Speech delivered at the conference “Challenging Capitalist Modernity II: Dissecting Capitalist Modernity–Building Democratic Confederalism”, 3–5 April 2015, Hamburg. Texts of the conference are published at http://networkaq.net/2015/speeches


David Harvey is the Distinguished Professor of Anthropology and Geography at the Graduate Center of the City University of New York (CUNY). He received his PhD in Geography from the University of Cambridge in 1961. Harvey authored many books and essays that have been prominent in the development of modern geography as a discipline. He is a proponent of the idea of the right to the city.

Nation State—God on Earth?

Stato Nazione—Dio in Terra?

Intervento di David Harwey alla conferenza “Sfidare la Modernità Capitalista II” Amburgo 3-5 Aprile

Scrivo queste parole sulla scia di questa stimolante e informativa conferenza, dalla quale ho imparato molto, soprattutto rispetto al fatto che ho molto da imparare dalla situazione kurda e dalla ingarbugliata rete politica del Medio Oriente. Gli stimoli derivano principalmente dall’ascolto dei racconti circa la riconfigurazione dell’esercizio di governo nel Rojava, in Siria, in seguito alla amara vittoria dei guerriglieri kurdi contro l’ISIS, che ha causato una devastante distruzione nella zona.

Mi è stato richisto di parlare dello stato nazione. In parte ho evitato di farlo perché questo termine mi ha sempre innervosito. Combina due parole in un solo concetto ed è spesso presentato come una identità, mentre in realtà descrive più una contraddizione. Lo stato è una identità politica e istutizionale definita territorialmente, all’interno della quale determinati poteri sono esclusivi, aggregate sotto l’ombrello della sovranità statale. Lo stato capitalista generamente ha il monopolio dell’uso della violenza regolano gli scambi commerciali (attraverso la zona euro, lo stato delega questo diritto ad una autorità sovrastatale) e ha il potere di legiferare e regolare gli apparati all’interno del territorio in cui hagiurisdizione. Inoltre, gioca un ruolo chiave nella pianificazione e costruzione di infrastrutture fisiche e sociali. La nazione, invece, è una collettività di persone unite da una comune discendenza, lingua, cultura, usanze, storia, memoria collettiva religione e identità etnica. La popolazione può o no essere concentrata geograficamente. Se ci fosse unità nello stato nazione, sarebbe semplicemente quello che Marx chiama una “unità contradditoria”. Quasi tutti gli stati sono plurinazionali, ma non lo riconoscono nelle loro costituzioni (fatta eccezione per le costituzioni di Ecuador e Bolivia). L’Inghilterra, il Canada, il Beligio, la Finlandia, la Turchia e quasi tutti gli altri stati medio orientali sono plurinazionali. In altre situazioni, ad esempio in Francia, quello che era in origine un territorio plurinazionale è stato unito in una identità linguistica tramite secoli di coercizione e consenso. Nello stato Turco, il nazionalismo affermatosi dopo la fine dell’Impero Ottomano determinò l’espulsione di Greci e Ebrei, il genocidio degli Armeni e l’assimilazione dei Kurdi nella identità nazionale turca. Negli Stati Uniti c’è stato un duraturo ma fallito tentativo di creare opposizione alle origini anglosassoni a favore del moderno modelllo del “melting pot” statunitense.

L’importanza dell’identità nazionale per lo stato è che rappresenta il mezzo principale con il quale lo stato acquisisce legittimità e consenso per le sue azioni e solidarietà da parte dei suoi cittadini senza limiti di classe, genere, religione ed etnicità. “L’interesse nazionale” è utilizzato per giustificare politiche e azioni, incluse guerra e pace. La frase “pre ragioni dello stato” solitamente si riferisce ad azioni che non possono essere giustificate apertamente nell’interesse nazionale. Tuttavia è difficile raggiungere un senso di identità nazionale senza una patria. Nel mondo moderno ci sono alcuni stati alla ricerca di una nazione (in particolare quelli formatesi dai colonizzatori francesi ed inglesi che sono responsabili per la maggior parte di confini che vediamo oggi nel mondo) e qualche nazione è alla ricerca dello stato (ad esempio il movimento kurdo, i movimenti del Kashmir, i Catalani i Baschi e gli Scozzesi). Questa è una contraddizione fondamentale che Ocalan sta tentando di trascendere. Faccio i miei complimenti per questo progetto. Tutti gli stati plurinazionali dovrebbero avere costituzioni plurinazionali. Non ho appoggiato l’indipendenza scozzese quando era guidata dal nazionalismo, ma quando è diventata un motore per la creazione di uno spazio per la costruzione i politiche contro l’austerità e un modello sociale socialista, allora ho iniziato ad appoggiarlo.

Se né lo stato né la nazione possono portare persone diverse insime, allora cosa potrebbero fare? Due estati fa, mi sono imbattuto a Diyarbakir in un pamphlet che riportava i risultati di un censimento sugli abitanti della città in qualche anno del diciannovesimo secolo. Quello che mi stupì di più, fu quante famiglie apaprtenevano a religioni diverse e sembrassero usare lingue diverse pur vivendo negli stessi spazi; mi trovai a interrogarmi su come potessero comunicare tra loro. Una risposta ovvia è attraverso scambi commerciali. Una conversazione sul pane o su un paio di scarpe rappresenta una conversazione che trascende le differenza linguistiche, religiose ed etniche. Questo è l’aspetto positivo dgli scambi commerciali. I beni possono essere barattati –un pezzo di pane per un paio di scarpe-, ma più gli scambi si espandono nello spazio e nel tempo, allora la moneta diventa necessaria, esternalizzando così la distinzione tra moneta e beni.

Ma in questo caso, cosa rappresenta la moneta? La risposta, come dice Marx, e il lavoro sociale che facciamo per altri così come viene mediato attraverso scambi di mercato. Questo lavoro sociale viene chiamato “valore”. Il valore creato dagli scambi di mercato diventa il fattore che regola le relazioni di scambio economici. Il valore è quello che tutti i beni hanno in comune e la moneta è la sua espressione materiale. In effetti, il valore è l’espressione immateriale ma oggettiva del lavoro sociale concettualizzata nell’idea di Adam Smith della “mano invisibile”. Ma cosa fa realmente la moneta e chi la controlla? In passato c’erano beni come l’oro o l’argento, ma oggi ci sono le Banche Centrali, che hanno un ruolo talmente cruciale da poter dire che viviamo sotto la dittatura delle banche centrali mondiali. Nel referendum scozzese la capacità di sfidare l’austerità è stata imbrigliata dalla promessa di mantenere la sterlina inglese e quindi rimanere al servizio della politica monetaria della Banca di Inghilterra. Sembra possibile essere autonomi per quanto riguarda le politiche sociali ma non per quanto riguarda il mondo della moneta.

Forme di moneta e scambi non possono funzionare senza accordi di proprietà privata tra individui giuridici. Inoltre, è necessario garantire la qualità e l’integrità della moneta. Lo stato capitalista esiste, tra le altre cose, per garantire il diritto di proprietà e l’integrità della moneta. Questo implica una regolazione dei comportamenti degli individui che è in contraddizione con la libertà individuale che dovrebbe di norma caratterizzare la proprietà privata. Stati autoritari e autocratici contrastano con lo stato liberista del “lasser faire”. Alcune organizzazioni di individui proprietari di proprietà private (come il partito libertario del Tea Party negli Stati Uniti)si sono formati per opporsi alle eccessivi regolazioni e tassazioni statali, finchèil caos di attività eccessivamente individualiste genererà una crisi che dovrà nuovamente essere risolta tramite intervento dello stato capitalist.

Il problema nasce dal fatto che, utilizzando la moneta, non c’è niente che possa fermare un singolo individuo dall’appropriarsi del benessere sociale (valore). Questo ha una serie di conseguenze sulla definizione dell’economia capitalista. Permette, ad esempio, ad una sola classe di monopolizzare sia il benessere sociale che i mezzi di produzione, lasciando il proletariato con nessun’altra scelta se non quella di vender il proprio lavoro per potrer sopravvivere.

Ho notato questo particolare nella Teoria del Capitale di Marx: il capitale è definite come una serie di contraddizioni tra loro correlate:

*Valore d’uso contro valore di scambio
*Moneta (rappresentazione di valore) contro valore (lavoro sociale)
*Proprietà privata contro stato
*Appropriazione privata contro produzione collettiva di benessere sociale
*Possessori (capitalisti) contro non-possessori dei mezzi di produzione

Queste sono le prime cinque contraddizioni che ho affrontato in un libro recentemente pubblicato, intitolar “Diciasette contraddizioni e la fine del capitalismo”. Avevo due obiettivi nello scrivere questo libro. Il primo era di ricercare una difinizione più chiara di cosa significa essere anti-capitalisti, avendo notato che molti individui e movimenti sociali si definiscono anti-capitalisti pur non sapendo con chiarezza spiegare cosa significhi. In secondo luogo, volevo riuscire ad argomentare perché dovremmo essere tutti anti-capitalisti oggi. Cercherò di spiegare brevemente questi due concetti. Ma prima di ciò, vorrei spiegare brevemente come queste contraddizioni hanno lavorato durante la recente crisi. Userò il ruolo delle abitazioni e della proprietà come esempio per spiegare la crisi del 2007-8.

LA CRISI

USO DEL VALORE-VALORE DI SCAMBIO. Gli apologetici del capitalismo cercano di convincerci del fatto che il miglior modo per dare abitazioni alle persone è stabilire un sistema di mercato stabile. Privilegiando gli scambi e il profitto, possiamo dare valore anche alle persone, con efficienza e prezzi bassi. Tuttavi anel 2007-8, il sistema di scambio ha funzionato solo per le classi medie e i ricchi. Non ha ancora prodotto abitazioni a prezzi bassi per le classi più basse.

DENARO-VALORE. Il valore è ancorato al lavoro, ma la sua rappresentazione tramite il denaro non è così rigida. La moneta può essere convertita un uno strumento speculativo, così che il prezzo può essere svincolato da beni (come i terreni) che non sono prodotti dal lavoro umano. L’aumento dei prezzi delle abitazioni dall’Irlanda alla Turchia fino alla Cina, New York e San Paolo dimostra che si sta perdendo controllo degli eccessi speculativi della moneta. Come consequenza, assistiamo alla costruzione di abitazioni come investimenti speculativi e non come mezzo per costrire abitazioni convenienti per le classi svantaggiate.

PROPRIETA’ PRIVATA E STATO. Le politiche dello stato capitaliste sono da lungo tempo a favore della proprietà privata nei paesi capitalisti avanzati in parte perché “persone gravate da debiti non partecipano a scioperi” e inoltre i proprietarì sono naturalmente tendenti a supportare la proprietà privata e il sistema capitalista. I proprietari di proprietà privata diventano attaccati alle loro proprietà e favoriscono la segregazione sociale per mantenere le pesone non desiderate lontante. Negli Stati Uniti lo stato ha tentato di incorporare questi gruppi esclusi dal sogno americano con riforme dei mutui e sussidi. Questo, insieme ad una politica di bassi tassi di interesse sui mutui, ha causato il boom economici basato sulle abitazioni del periodo 2001-2007 e in seguito il crash che ha causato gravi problematiche nel sistema finanziario.

APPROPRIAZIONE PRIVATA DEL BENESSERE SOCIALE. Numerose vie sono state inventate per il finanziamento delle abitazioni in modo da rendere avvocati, contabili e banche sempre più ricchi. Quando è iniziata la crisi, è stato scoperto un mondo di furti, rapine e illegalità che, nel caso degli Stati Uniti, ha rappresentato il più drammatico spostamento di benessere da una classe ad un’altra.

SI AMPIANO LE DIVISIONI DI CLASSE. Nel 2008, Wall Street ha pagato per un totale di circo $50 billioni in bonus per coloro che erano stati responsabili della crisi. Nello statesso periodo la popolazione afro-americana ha perso quasi il 30% del valore dei propri beni. La ricca classe capitalista ha vinto e la più vulnerabile parte della popolazione ha persso.

Spero perdonerete i miei continui riferimenti agli Stati Uniti che è d’altra parte, il luogo che conosco meglio. Ma credo sia importante notare che le contraddizioni evidenziate da Marx ne Il Capitale possono essere utilizzate ancora per comprendere quello che è successo durante la crisi del 2007-8, così come possono darci delle precise indicazioni su quale tipo di trasformazioni sociali saranno necessarie per crare un futuro anti-capitalista.

PERCHE’ SONO ANTI-CAPITALISTA

Non sono anti-capitalista a causa di qualche difetto del mio DNA. Non sono anti-capitalista perché sono cresciuto così o perché c’è stato qualche evento traumetico nella mia vita che mi ha fatto diventare così. Non sono anti-capitalista neanche perché odio tutte le pubblicità in televisione che ci fanno sognare un mondo perfetto che non esisterà mai. Sono anti-capitalista per ragioni razionali. Sono arrivato alla conclusione che ogni persona razionale dovrebbe essere anti-capitalista. Sono consapevole del fatto che in un mondo post-moderno in cui l’interesse ha la meglio sulla razionalità, questo insistere proprio sulla razionalità non è di moda. Non sono razionale in senso Illuminista, ma nel senso che mi sposto da una strada quando una macchina mi sta venendo incontro a tutta velocità.

Ho letto Marx a 35 anni perchè ero profondamente non soddisfatto con le teoria che avevo letto prima. Sembravano aver nulla o poco in comune con quello che vedevo accadere intorno a me. Poiché quando ho iniziato a leggerlo non avevo idea del contenuto de Il Capitale, ho poi deciso di imparare nel modo migliore che conosco: insegnandolo. E l’ho insegnato per circa 40 anni. Facendo così ho capito profondamente il significato delle contraddizioni del capitale e il modo in cui queste producono momenti di crisi. Mi è anche diventato chiaro che le crisi non sono solo momenti di collisione di molteplici contraddizioni, ma anche momenti di opportunità per il capitale di rinnovarsi. Sono, dunque, anche momenti di opportunità per i movimenti sociali di imporre il proprio potere per cambiare il corso dell’evoluzione del capitale o per iniziare a costruire delle alternative.

Ci sono, tuttavia, delle contraddizioni che sono particolarmente pericolose ai giorni nostril. Una di queste è l’idea di mantenere una crescita composta eterna. Il capitale deve crescere per non morire, perciò la crescita rappresenta un aspetto non negoziabile della sua esistenza. Questa crescita sta diventando un problema e con l’ingresso del blocco ex-Sovietico e della Cina nel sistema capitalista globale, che ha determinato un aumento della forza lavoro da due a tre billioni dal 1980, ci sono dei limiti che stanno emergendo chiaramente ad una ulteriore crescita nel futuro. Questo è peggiorato da un ulteriore contraddizione, che è costituita dal degrado ambientale del globo. Al di là di questo, l’aumento nell’uso delle macchine e delle intelligenze artificiali rende più e più remota la possibilitià di avere un lavoro soddisfacente. Se consideriamo anche l’aumento del consumismo, il risultato è una vasta alienazione della popolazione umana. Questa alienazione si combina con la mancanza di democrazia e la creazione di sistemi politici costruiti da e per il benessere delle elite.

Crescita combinata, degrado ambientale e alienazione sono le tra più pericolose contraddizioni dei nostri tempi. Anche se il capitale potesse sopravvivere a queste contraddizioni, potrebbe farlo solo con misure draconiane e repressioni violente, nonché con la militarizzazione della vita quotidiana e con guerre civili e urbane sempre più frequenti.

Questa situazione mi spinge ad essere anti-capitalista e a chiedermi come possiamo riconfigurare sulle contraddizioni del capitale per rendere la vita di tutti molto più gratificante, sicura e soddisfacente.

UNA AGENDA ANTI-CAPITALISTA

Essere anti-capitalista significa almento cercare di trovare un modo per sostituire il modo di produzione capitalista, trovando delle alternative che non si basino su un accumulazione perpetua di capitale nelle mani di pochi, degrado ambientale e alienazione della popolazione – alienazione dal lavoro, dal consumismo, dalla società civile e lo stato, dalla falsa promessa di democrazia e dalla natura stessa.

Le rivoluzioni non sono eventi. Sono processi – spesso lenti e parzizali – che permettono l’emergere di una nuova forma di società. Ma questi processi hanno bisogno di una direzione. La situazione odierna è nata dalla rivoluzione neoliberale che è iniziata negli anni ’70, grazie alla teoria del monetarismo e il cambio di soggettività politica da forti movimenti sociali all’individualismo del mercato. Quello che hanno dimostrato è che rivoluzioni lente sono possibili. Pessimisti di sinistra, impariamo da loro!

Ma c’è molto lavoro da fare. Una parte del percorso consiste nel disegnare un percorso plausibile verso una trasformazione rivoluzionaria e questo è quello che ho tentato di fare in “ Le Diciasette Contraddizioni”. Il trucco sta nello spostatre il peso della pressione politica e sociale nella parte delle contraddizioni che più favoriscono cambiamenti rivoluzionari. In qualche caso le contraddizioni andranno totalmente cancellate. Vediamo come questo potrebbe funzionare prendendo ad esempio le cinque contraddizioni di cui ho già parlato.

Nel caso del valore e del valore di scambio, il percorso ovvio è quello di didegradare e infine abolire il potere del valore delle relazioni di scambio e ritornare ai valori di base. Marx ha parlato di ciò così come anche Ocalan. Ci sono due modi per fare ciò. Così come il thatcherismo e il reganismo hanno mercificato la vita quotidiana per rafforzare il potere delle relazioni di scambio in modo da poter dettare i nostri destini, così possiamo invertire questa tendenza neoliberale facendo uscire dal mercato l’assistenza sanitaria, l’educazione, gli alloggi e i beni di base. In questo modo rifiutiamo la forma neoliberale del capitale, ma non il capitalismo in generale. E’ a questo punto che le relazioni tra diverse contraddizioni entrano in gioco per definire un secondo percorso di movimento rivoluzionario.

Nel tempo i movimenti monetari hanno perso contatto con i sistemi di valore reale. In tempi di crisi, il capitalismo tenta disperatamente di ri-stabilire le sue radici nel lavoro sociale, pur non allontanandosi dalla centralizzazione del benessere e del potere in poche mani. Dobbiamo fare qualcosa per limitare le funzioni della moneta. Il primo step potrebbe essere di eliminare il ruolo della moneta nel governo democratico e in seguito limitarne le attività speculative, ostacolando il potere del capitale di appropriarsi di benessere sociale attraverso manipolazioni monetarie. Questo non significa abolire tutte le strutture di scambio, dal momento che il mercato dei beni continuerà ad essere importante in ogni futura società. Le banche dovrebbero essere considerate istituzioni della comunità e pubbliche.

Quando l’amministrazione tradizionale cade, come è successo in Argentina dopo la crisi del 2001 e come nel caso odierno del Rojava in Siria, allora la popolazione dimostra di essere profondamente innovative e ricca di immaginazione nell’immaginare una sistema di società diversa. In Argentina, ad esempio, si formarono assemblee di quertiere, stabilimenti abbandonati sono stati recuperati e messi sotto il controllo dei lavoratori e vennero stabilite vaste reti di baratto per contrastare la mancanza di liquidità. Tuttavia, durante il processo di ricostruzione, il sistema delle assemblee iniziò a vacillare, il sistema del baratto venne attaccato e distrutto, lasciando solo le cooperative gestite dai lavoratori come isole in un mare di capitalismo. La rapida ascesa delle strutture di auto-governo in Rojava è un altro esempio di ciò.

Il più grande pericolo per questi movimenti rivoluzionari sarebbe la pace e la restaurazione del potere statale centrale siriano su tutto il territorio nazionale, incluso il Rojava. Se l’esperimento che sta emergendo nel Rojava vorrà essere duraturo, deve essere inclusivo e avere l’appoggio della popolazione in modo da non poter essere sdradicato. Questo significa che il confederalismo democratico dovrà necessariamenti includere Arabi e altre minoranze in modo da aumentare il più possibile la partecipazione popolare. Altrimenti, lo stato siriando farà leva su queste esclusioni per creare discordie e riaffermare il suo ruolo amministrativo centrale. I militanti kurdi devono essere inclusivi.

Lo sviluppo di assemblee locali e confederalismo democratico è un mezzo per la gestione comune dei beni.

La ristrutturazione dei diritti di proprietà insieme alle proposte riguardo l’uso e il potere del denaro, determinerà la creazione di un ambiente in cui la capacità delle persone private di appropriarsi della ricchezza sociale, sarà notevolmente ridotta. Il conseguente indebolimento del potere di classe contribuirà ad indebolire anche la capacità di questa classe di dominare la politica e i media. Il progressivo assorbimento delle risorse per gestire i beni comuni permetterà la graduale acquisizione di quei segmenti dell’apparato statale – come la sanità pubblica, i trasporti, la creazione di infrastrutture e beni pubblici – che sono fondamentali nelle vicende umane.

Dovrebbe essere ovvio che riconfigurazioni delle prime quattro contraddizioni creano una situazione in cui sarà estremamente difficile per la classe capitalista di costituirsi come classe dirigente con competenze esclusive sullo Stato, come avviene attualmente.

Questa definizione di anti-capitalismo che abbiamo accennato si basa sulla distruzione teorica dello contraddizioni del capitale. Ma poggia anche su una certa conoscenza della storia dei movimenti rivoluzionari (come ad esempio il Comune di Parigi del 1871), e un profondo apprezzamento per il successo e i fallimenti delle innumerevoli lotte succedutesi nella storia umana nella ricerca di una vita migliore. La lotta continua.